Esistono delle convinzioni non dimostrate in odontoiatria?
chirurgia orale endodonzia implantologia odontoiatria prevenzione protesi Mar 04, 2016
Queste riflessioni nascono dalla lettura di un articolo di Carlsson: Critical review of some dogmas in prosthodontics Gunnar E. Carlsson Journal of Prosthodontic Research 53 (2009) 3–10. Sarà capitato anche a voi di vedere il vecchietto con una protesi consumata e rattoppata che si trova bene e rifatta la protesi con tutti i canoni non la porta. Praticamente è meglio chiedersi il perché. In questo articolo si dà una risposta.
In campo scientifico il dogma è rifiutato perché non è disponibile a sottoporsi a una verifica o anche se la verifica l’ha negato continua ad essere utilizzato come guida, anche nella terapia. Certe affermazioniperò hanno preso piede in anni di affermazione in congressi, libri e pubblicazioni. Quando una cosa è ripetuta per anni e data come certa alla fine viene considerata vera.
Una delle prime considerazioni deve essere fatta sulla protesi totale. Si è sempre detto che la protesifunziona meglio se eseguita in articolatore. Sappiamo oggi, grazie ai RCT e ad una indagine eseguita fra tutti i dentisti svedesi che l’articolatore è stato quasi abbandonato, per costruire una protesi totale, ma i risultati non sono cambiati. Adesso si pensa che l’instaurarsi di un buon livello di fiducia sia uno degli elementi chiave nel successo di una protesi totale. Sia anche più importante della perfezione tecnica nella realizzazione della protesi.
Un altro aspetto che dovrebbe essere discusso è che la mancanza di uno o più denti possa creare disfunzioni temporo-mandibolari di varia gravità. Nelle ricerche a lungo termine questo è stato evidenziato, per questo motivo la cosiddetta “sindrome dei 28 denti”, cioè la velleità di sostituire ogni dente mancante dovrebbe decadere.
Anche l’associazione tra anomalie occlusali e disfunzione non è confermabile dalle ricerche sin qui eseguite. Per fare un esempio in un importante lavoro Dao e Lavigne hanno diviso un buon numero di pazienti disfunzionali in due gruppi. Ad uno è stata confezionata una placca di svincolo vera all’altro una falsa, che non copriva le superfici occlusali. Ambedue i gruppi sono migliorati nella stessa misura evidenziando come la placca di svincolo abbia una azione fondamentalmente “placebo”.
Anche in questo campo le tecniche semplici sono le migliori. Piuttosto che lunghi, costosi e inutili interventi sull’occlusione sarebbe meglio informare correttamente il paziente del problema senza aggravarne la gravità. Sarà soprattutto un miglioramento del modello comportamentale a dare dei miglioramenti reali.
Una credenza attuale dettata più dalla moda o dal “vantaggio” (mi piacerebbe dire che lo credono solo i pazienti) è quella della superiorità della protesi su impianti a quella su denti. Sappiamo che non è vero.
Quelli che ho descritto sono definibili dogmi e, come abbiamo detto, sono rifiutati dalla pratica scientifica. In realtà sotto la veste dogmatica esiste un approccio che è comunque stato studiato in modo scientifico. Essi andrebbero definiti piuttosto “paradigmi”. In tal modo li aveva descritti Thomas Kuhn. Per capire cosa essi siano e rappresentino nella scienza moderna, ho preparato uno scritto a parte che non tratta di odontoiatria in modo “puro”, ma spiega come funziona l’accumularsi della conoscenza scientifica.
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